Venezia

Venezia

poesia

Venezia bambola dormiente
vestita d’oro e porcellana.
Le braccia tese, a oriente – lacrime d’avorio –
melodia sacrilega in musica
suonata d’istinto – romanza ardita –
ritmico remeggiare di ieri – batte le note del tempo.
Piovono foglie di rame – incantevole preludio
di viaggio – drappeggi di seta scarlatta
adagiati su ceneri di piombo. Oblio.

Sospesi nell’effimero notturno – è di anime turbate il passo –
s’avviano in processione muta i misteri.

Venezia. Bambola di sale, assopita… Sogna.



Testo: Copyright © 2003 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Copyright © 2015 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Nel tempio del tempo

Nel tempio del tempo

poesia

Prosternato dinanzi all’ara disadorna del Tempo –
di cavalieri erranti è azzima memoria – su spoglie di paglia
arde irruente, ravvivata dall’enfasi malata del gelo,
la fiamma mistica del giudizio – esecrabile ostia immolata al profano.
Prostrato ai piedi dell’altare tetro del Tempo – creatura nuda
in pregiata lidite – su eburnei lumi di fulgida e tremula luce,
si consumano superbia e pudore – consulta l’oracolo il fato,
sfogliando le viscere impure del carattere umano – ed è sgomento.

Nel tempio dissacrato dal potere – anarchia abiurata nel timore
di un distacco prematuro – semino petali di poesia sgualcita –
la mia, la sua, la loro. Poesia lorda d’intelletto e d’anima –
contrasto intollerabile per puristi ed esteti – Alterigia? Vergogna?

Steso su foglie secche e avanzi di speranzosa libertà
io patisco di Tempo.



Testo: Copyright © 2002 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Acquerello e Foto: Copyright © 1999 Anna Galassini – Nel tempio del tempo – Acquerello. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Nel giorno dell’eclissi

Nel giorno dell’eclissi

poesia

Scivola il veliero su solitudini e silenzi – polita seta d’acqua
corteggia la lisa carena consunta – schiumanti onde illibate
cullano il vascello dall’albero spezzato – lacero velame impiccato,
fluttuante nel vuoto, è ora vessillo senza patria  – e l’eco smorzata
in armonici arpeggi d’arpa, redime isolate memorie – recluse…
L’uomo non veste più di ferro, l’elsa non ha più lama.
Su rotte mai tracciate naviga l’ignaro – milite proscritto a tradimento
da infida ideologia – ed è fallace desiderio di approdare a verità,
l’ultimo tormento – l’incubo mordace, sodale di ogni sonno –
e ancora torpida, dondola su ignoti abissi la bronzea polena greca –
musa senza volto – cereo splendore dal sale avvinto – abbracciato… Eroso…
Le mani non stringono più pugni,  l’arco non è più teso.
Fu spietato mercenario – tramontò nel giorno dell’eclissi – unto dal dolore –
da fredde ceneri metalliche emerse un insolito guerriero – fiero e valoroso –
erudito condottiero di speranza – sagace capitano di nuova libertà…
E scivola il veliero su ostili mareggiate – l’uomo senza armi scruta l’orizzonte –
nuvole di pece avanzano al galoppo – chino il capo a render loro omaggio.
Non più vendetta nei suoi occhi, non più onta è la parola.

L’uomo non veste più di ferro e l’elsa non ha più lama.
Le mani non stringono più pugni e l’arco non è più teso.
Non più vendetta nei suoi occhi, non più onta è la parola
e nudo, esamina il riflesso in discontinuo movimento
di un corpo deturpato, che ancora non conosce…

Erratico ego sperduto in perenne ricerca di sé.



Testo: Copyright © 2003 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Web sources. Royalty Free.

Guardo al mare (e non ci sono)

Guardo al mare (e non ci sono)

poesia

Guardo al mare.
Alla sua forza.
Al mistero
celato nelle profondità
dei suoi abissi.
Alla poesia
nell’eterna eleganza
del suo movimento.

Guardo al mare
e non ci sono…

Io,
fragile ego di terracotta.



Testo: Copyright © Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Web sources. Royaly Free.

L’amanuense di Cesena

L’amanuense di Cesena

poesia

Claudicante il passo del vecchio amanuense – rintocco di strada è nell’aria –
del pensiero arenato su alacri mani d’oro, è memoria – sospiri trattenuti…

Oggi è il tremore ad agire. Lo ascolto. Lo osservo. Lo maledico! Lo abiuro.
Dolci memorie rispondono al richiamo di tenebre antiche – malevoli sussurri…
Celata in segmenti, parabole e segni era Conoscenza – dogma ed eresia –
e io l’amavo; qualunque fosse l’amavo. E la odiavo – misero tormento.
Di fine pergamena il suo profumo inebriava queste mura – anelito –
E chino su di te mia musa, lo fui sempre – muto servitore accorto –
arco di sostegno nel tuo esistere e traccia di speranza nella storia.
Porpora e cobalto da sfere di cristallo a vestire la tua pelle – eri così bella –
e fiorivi dall’argento nei miei occhi
e ai miei occhi era prodigio.

[A te ho votato la mia vita – consacrato iridi cerulee, dove ora è l’ombra –
a te ho donato queste mani, allora sì calde e ferme – agili e zelanti –
il mio sonno, il mio cibo, il mio tempo. A te, tutto me stesso… E l’anima.
Conobbi un Dio privo d’orizzonte – superbo commediante al soldo –
nel bieco silenzio dell’ignoranza obbedii a buie imposizioni – accadde –
avvinto dall’oscurità camminai vie non mie – presenziai a sentenze inique.
Nel tuo nome era un fuoco purificatore a illuminare le mie notti insonni.
S’intimava penitenza – castigo e condanna senza appello (negata verità).
Tra le righe t’incontrai – fosti luce, conforto e rinacqui nell’intimo mio risveglio.
Il Dio cadde. Fu deposto. Non ebbi più rimpianti – non più colpe da espiare…
È qui dentro. Tutto quanto. Nel mio cuore – troppe le candele consumate –
ed è ancora il sorriso della vita a rischiarare gli aridi solchi sul mio volto
e qualche lacrima di spontaneo disincanto a dissetarli…]

Tabernacolo d’eternità sono – vite senza tralci – ora – vetusto simulacro –
astratto scrigno di preziosi immateriali  – denigrata eredità ammuffita.
Ecco il testamento, l’ultimo mio scritto, l’ultimo mio sogno – saperti onnipresente.
Presto partirò – su dissipate ceneri poseranno questi passi – vestirò di bianco.
D’immacolata pergamena e novelle ampolle colorate mi si farà omaggio – Umiltà.
Nel tuo essere, gemmerà la prossima mia vita – l’infinita –
e chino su di te, mia musa, lo sarò anche allora – devozione.
Porpora e cobalto da sfere di cristallo vestiranno le tue grazie
e fiorirai dall’argento nei miei occhi
e ai miei occhi sarà prodigio… Ancora… Per sempre… Ovunque.

Claudicante il passo del vecchio amanuense – rintocco di strada è nell’aria…
Boccioli di rose carminio si schiudono al sole… Ed è stupore a inverno inoltrato.

Prodigio.


[Dedicata a Francesco di Bartolomeo da Figline frate nel convento di San Francesco di Cesena dal 1439 al 1472. Copiò il primo codice datato 1452 della biblioteca di Malatesta Novello di cui, dal 1450, fu anche cappellano.]


Testo: Copyright © 2003 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Copyright © 2013 Burdizo. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Imperfetta congiunzione d’estasi

Imperfetta congiunzione d’estasi

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Scorre mansueto il fiume d’ambrosia – onirica corrente di sogni
attraversa cave d’ardesia – di plumbeo cielo s’istoria l’arida terra
e scalza, passeggia la donna su fragili ghiacci scalfiti da frutici pruni.
Roride raffiche di libeccio – ostile e aggressivo messaggero di Marte –
spirano violente – lucide sciabole sguainate nell’aria – fulminei fendenti
inferti di petto a logiche dispotiche – eroi di cartapesta tra le fiamme.
Gravi, rimbombano timpani lontani – timbri tribali in concerto essenziale –
a festa, in castelli di ruggine, danzano, ancora torbidi, negletti pensieri
– minuetto suggestivo in ritmo ternario e forma binaria… à pas de danse.
Scorre costante il fiume d’ambrosia – di rocce corrose il suo letto grinzoso
e sterile seme l’ambito futuro – sensuale cornice di eterni silenzi…
Taciute verità. Empia indifferenza – precario confine dell’etica.
Dialogo sommerso, soggiogato da chi non ha parola – oscurantismo
e dappocaggine – smodato uso di eufemismi a nascondere incertezza
ed è lento scivolare di ingannevoli ambizioni – baratro marmoreo.

Scorre mansueto il fiume d’ambrosia – avanza la notte in punta di piedi
e ignuda, la donna, volteggia aggraziata su vetri di ghiaccio… à pas de danse.

Scorre costante il fiume d’ambrosia – lambisce la terra di seta graffiata –
di lame affilate è il truce guerriero, di opale prezioso la pelle lucente…

Di rosso scarlatto si tinge l’unione… Di imperfetta congiunzione d’estasi.



Testo: Copyright © 2002 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Web sources. Royalty Free. Sculpture: Amore e Psiche of Antonio Canova – Louvre Museum, Paris, France.

Eternamente comete

Eternamente comete

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Siamo comete spente e senza coda.
Così hanno detto.
Abbiamo amato,
oh si! Abbiamo amato senza limite alcuno…

Hai sentito il mare stanotte?
Parlava di noi, di come siamo vecchi,
di quanto siamo stanchi,
di come ancora ci abbracciamo
e ha sorriso…

Comete spente e senza coda, ci hanno detto.
È stata grandine o neve?
Non importa. Non più oramai. Dicano pure…

Lo sai,
fino a quando queste mani
scorreranno liete
gli anni scolpiti sul tuo corpo
e questi occhi, si perderanno ancora
tra i dolci lineamenti del tuo volto…
Fino a quando potrò parlarti
facendo miei i tuoi silenzi,
riposare sul tuo seno
inebriandomi del tuo profumo
e insieme ridere di questo nostro inverno,
di ciò che fummo e non saremo più;
dell’oscurità che ogni sera ci precede,
dell’angoscia di svegliarsi una mattina in solitudine…
Fino a quando tutto questo accadrà
noi saremo comete, amore mio,
con uno strascico elegante, a illuminare
lo spicchio di cielo che ancora ci appartiene.

Parlino pure gli altri… Dicano pure… Ridano pure…
Sarà ancora grandine o neve… Io e te saremo ancora comete.



Testo: Copyright © 2015 Francesco Barazza. Tutti i diritti riservati. È severamente vietata la riproduzione, divulgazione e stampa della presente opera, in toto o in parte, senza l’autorizzazione dell’autore.

Fotografia: Web sources. Royaly Free.